sabato 20 ottobre 2012

Cosa pensano i VIP dell'autoproduzione: le opinioni di Michela Murgia e Aldo Busi


L'editoria tradizionale e l'autoproduzione letteraria sono due realtà molto distanti. Da una parte gloria, premi letterari prestigiosi e distribuzione in centinaia di librerie; dall'altra l'anonimato, la fatica nel farsi leggere e il perenne sospetto che si tratti di robaccia piena di errori e refusi. Una sfida impari.

Qualche giorno fa sono stato intervistato da Rosario Maria Oliveri per il suo podcast "Narrativa Digitale" (trovate il link anche qui a fianco) e, citando un mio post su Amanda Hocking, mi ha chiesto quando il mercato italofono avrà una Penna indipendente in grado di calamitare l'attenzione del grande pubblico e dei media. Una figura carismatica che sappia avvicinare i due mondi e dia dignità letteraria all'autoproduzione, un po' come successo negli States con J.A. Konrath.

In tutta risposta, ho avanzato un'altra idea: e se fosse un autore già affermato ad abbandonare l'editoria tradizionale per abbracciare l'indipendenza? Poi, complice un paio di parole chiave immesse su Google Alert grazie alla pulce infilatami nell'orecchio da Rosario, sono venuto a contatto con due testi di altrettanti autori affermati dove prendono posizione nei confronti degli autori indie e delle pubblicazioni digitali/ebook. E ho constatato che i due universi, per ora, sono ancora troppo lontani.

Il primo scritto è tratto dal sito di Liberos (un'associazione volta a promuovere la letteratura in Sardegna) e vede come protagonista Michela Murgia; è intitolato "Perché diciamo no agli autori di narrativa self published". Il post in questione scinde innanzitutto l'autoproduzione in due metà: una lecita e giusta, una sbagliata e sconsigliata.

Ci era molto chiaro anche il fatto che alcuni tipi di pubblicazione, per ragioni storiche o per assenza di mercato, sono da sempre obbligate a ricorrere al self publishing per continuare a esistere. Nel fumetto e nell'illustrazione, per esempio, l'auto-pubblicazione agli esordi è la norma. [...] Gli autori che contribuiscono alla bibliodiversità con queste produzioni fragili sono benemeriti e possono iscriversi a Lìberos senza la minima restrizione.

La Murgia prosegue quindi dicendo che nel campo della narrativa, al contrario, i canali per pubblicare esistono e sono percorribili.
Partendo dal presupposto che Liberos è libera (e ci mancherebbe) di perseguire questa scelta, a mio parere è pericoloso distinguere l'autoproduzione giudicandola consentita o meno in base al settore artistico di appartenenza, poiché anche in campo narrativo è possibile individuare generi più o meno vendibili al grande pubblico - cito due estremi: chick lit da una parte e il clockpunk fantasy dall'altra). Dal momento che uno decide di evitare i normali canali di vendita (ipotizziamo l'editoria tradizionale) non importa se si tratta di un fotografo, un fumettista o un romanzo: lo attenderanno le medesime sfide.

Le distinzioni in campo indie, tuttavia, proseguono. Scrive la Murgia:

La musica indie si sviluppa in un contesto di controcultura che si contrappone orgogliosamente alle grandi reti commerciali e alla produzione mainstream. Gli autori di narrativa auto-prodotta hanno la visione opposta: nel mainstream non vedono l'ora di entrarci. Auto-pubblicatisi in nome della filosofia dell'individualità, non hanno poi alcuna remora a rivolgersi alla comunità editoriale (librai, bibliotecari, giornalisti culturali, altri autori, reti di lettori) per promuoversi. Chi chiede di iscriversi a Lìberos come autore di narrativa auto-prodotta in fondo sta dicendo a noi tutti: "per essere edito bastavo io; adesso voi mi servite per essere letto.

E qua si va a toccare una generalizzazione che, siamo d'accordo, oggigiorno può rappresentare il 90% degli autori autopubblicati, ma non il 100%. Lo chiamerei lo "stereotipo del piano B", cioè la convinzione comune che se uno si autoproduce lo ha fatto poiché rifiutato dalle case editrici tradizionali, probabilmente in preda a rabbia e voglia di rivalsa. Ma c'è chi effettua questa scelta fin dall'inizio con orgoglio, per una serie di ragioni che ho toccato in diversi post. E se il successo arriva, non è scontato che decida di cedere alle lusinghe dell'editoria tradizionale: lo dimostra ancora una volta l'esempio di J. A. Konrath. E per quanto riguarda il "rivolgersi alla comunità editoriale", la Penna indipendente lo fa perché al centro di tutto questo universo non c'è l'editoria, ma il libro e - se scaviamo ancora di più - una storia. Un libraio non lavora per offrire prodotti made in Mondadori o Feltrinelli, lavora per offrire storie valide ai suoi clienti. Se queste sono di qualità sia a livello di forma, sia di contenuto, la provenienza non ha importanza.

Su una cosa l'autrice ha comunque ragione: l'indipendenza letteraria non gode ancora della storia e del passato del medesimo movimento in campo musicale, e di questo ho parlato in un post di qualche settimana fa. Ci vorrà tempo per elevare il fenomeno a uno status degno di rispetto.

Dalla Murgia a un altro autore conosciuto e di successo come Aldo Busi. Mi sono imbattuto in questo interessante post di Manilo Cammarata sull'ultima opera dello scrittore che, in un'intervista a Repubblica, ha affermato di aver rinunciato a cedere i diritti a Mondadori e Giunti. In questo caso è interessante notare la poca dimestichezza di Busi con le potenzialità dell'indipendenza e dell'editoria digitale, e questo nonostante ambisca a una nuova libertà letteraria (Come scrittore non mi sento rappresentato da ere e ere fa). Afferma infatti:

Il romanzo potrei buttarlo in Internet, se non fosse per il rischio che qualcuno modifichi il testo, e per quello di cause legali, nel caso venisse in mente a qualcuno di farle...

Nell'intervista si parla di un anticipo di 200 mila euro e Busi ha oggi 64 anni. Difficile che l'autoproduzione possa portargli così tanto, difficile che decida di interessarsi all'argomento alla sua età. Ma è interessante notare, come nel caso della Murgia, che l'autoproduzione non goda di grande fama tra questi due VIP della letteratura e che le potenzialità di Internet non siano così conosciute.

L'avvicinamento tra la realtà di questi scrittori e quella degli autori autoprodotti richiederà ancora molto tempo, ed è per questo che credo sia più semplice che una Penna indipendente riesca ad affermarsi dal basso, piuttosto che vedere un romanziere già pubblicato da una grande scendere dall'Olimpo. Ma come si dice: chi vivrà, vedrà.

12 commenti:

  1. Che esista una differenza tra scrittore emergente e musicista indie... si, forse si, almeno in parte.
    Quando la Murgia dice che i musicisti indie nascono in un determinato contesto che si oppone al mainstream potrebbe avere una piccola parte di ragione.
    Ma dimentica anche che in realtà quegli stessi musicisti indie possono anche aspettare 10 anni prima di andare a Sanremo, ma poi ci vanno.
    Il problema su cui la Murgia si sofferma solo superficialmente è l'inesistenza di una scena indie/underground che riguardi la letteratura.
    Per intenderci, può esistere un musicista famoso ed indie (fa ridere, ma è cosi), ma al tempo stesso non esiste uno scrittore indie e famoso.
    Credo che questo derivi in parte dalla differente natura del mezzo artistico, oltre che dal particolare approccio delle persone ai libri. Ci sono dei miei amici che hanno una band per esempio, gli Housebreaking, che vanno in giro a suonare per pochissimi euro ovunque in italia, dal nord al sud, ma si muovono in un contesto culturale vario, vivo e divertente in cui decine e decine di band percorrono insieme la strada dell'underground. Ma possono spostarsi perché suonano.
    Io che scrivo che dovrei fare? Andare a Lecce in un pub a fare un reading?
    E' ovvio che non è la stessa cosa.
    La nascita di smart-phone, e-reader e tablet potrebbe tuttavia creare quella scena underground che tanto servirebbe agli scrittori.
    Perché siamo onesti, la community che attualmente gira intorno alla scrittura è vecchia, obsoleta e retrograda come poche altre cose di questo mondo (e non parlo solo dell'età media, ma del modo stesso di concepire la scrittura e la figura dello scrittore.)
    Anyway, concordo con il tuo appunto finale.
    Saranno gli scrittori che arriveranno dal basso a determinare le sorti dell'auto-produzione

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  2. Ciao Rumigal, grazie per l'interessante commento. Ciò che dici tu è giusto: non esiste una scena indie letteraria sul mercato italofono e tantomeno una figura di riferimento che possa calamitare l'attenzione. Altrettanto corretto il confronto tra letteratura e musica nel quale tocchi alcuni concetti accennati in questo mio post (http://penneindipendenti.blogspot.ch/2012/09/perche-gli-scrittori-indie-sono-sempre.html) centrato sulle differenze tra questi e altri settori.
    Sulla visione che hai della comunità letteraria penso ci sia del vero, ma non credo comprenda tutti: soprattutto tra chi "flirta" con testi indipendenti e piccole case editrici ci sono molti autori proiettati verso il futuro e il ruolo di "scrittore 2.0".
    Ho inoltre qualche dubbio sulla possibile nascita di una nuova "community" anche grazie agli smartphone e ai tablet: nonostante i grandiosi dati di vendita, non so se ciò abbia portato a un altrettanto grande aumento di lettori di ebook. Per gli e-reader ovviamente il discorso fila, ma per gli altri... Ammetto tuttavia che il mio giudizio si basa sulla mia esperienza personale; tu conosci molta gente che usa uno smartphone per leggere narrativa?

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    1. So che sembra incredibile, ma di gente che legge su smartphone ne conosco tanta XD
      Sembra una cosa folle anche a me, ma qualcuno c'è XD
      Comunque più che altro, credo che i mezzi attuali siano semplici prototipi di ciò che vedremo in futuro, specialmente gli e-reader.
      Anzi, ad essere corretti, tra qualche anno la distinzione tra tablet ed e-reader non esisterà neanche più, dato che si lavora per creare schermi che non diano fastidio (e ci sono già progetti interessanti).
      Anche gli smartphone finiranno per integrarsi sempre più nella nostra vita e finalmente si smetterà di dire "Eh ma io il telefono lo uso per telefonare", dato che uno smartphone NON è solo un cellulare.
      I sistemi operativi alla base degli smartphone in realtà sono virtualmente in grado di soddisfare qualunque tipo di esigenza. Tocca solo che le persone imparino ad usare e sfruttare tale potenzialità ^^

      Per quanto riguarda invece l'aumento dei lettori, credo che il discorso sia in parte legato alla qualità stessa delle opere.
      Sia ben chiaro, di libri straordinari ne escono ancora.
      Il problema è che la maggior parte di essi sono "vecchi". Non hanno a mio avviso quel "qualcosa in più" che dovrebbe mostrare al mondo le potenzialità di Internet, perché è ovvio che ormai qualunque forma d'arte deve essere in grado di dialogare con questo mezzo se non vuole scomparire.
      Per esempio, qualche giorno fa ho letto che in America non ricordo più quale importante magazine da Gennaio non avrà più una versione cartacea, dato che si sono accorti che la gente legge di più online. Ecco, qui da noi invece ancora si parla del profumo della carta. E' solo questione di tempo, in fondo.

      E ovviamente si, hai ragione nel dire che ci sono scrittori 2.0 per fortuna!

      p.s. Il tuo blog mi piace, quindi lo seguirò <3

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    2. La rivista di cui parli è il Newsweek ;-)
      Per la discussione sui dispositivi penso che la diffusione degli ebook reader giocherà un ruolo fondamentale, perché a quel punto uno avrà in mano una tecnologia (gli schermi e-ink) fatta apposta per la lettura, e non un'app sommersa da migliaia di altre che permettono di giocare/aggiornarsi sulla meteo/telefonare/scambiare SMS,...
      La cosa prenderà tempo, ma l'accordo tra Kobo e Mondadori lascia ben sperare. A proposito, tu hai già un ebook reader? :-P

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  3. a me viene anche da pensare ad una distinzione del tipo autore diventato famoso perchè la casa editrice ha letto il suo blog (penso per esempio a spinoza o a daniela farnese). tecnicamente non sono autori indipendenti, ma è un po' come se lo fossero. forse è un segno dei tempi.

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    1. Giustissimo, e il tuo commento mi fa venire in mente una cosa interessante: come è arrivata Michela Murgia (sì, proprio lei) alla pubblicazione? Con un blog, poi divenuto "Il mondo deve sapere". In un certo senso, come dici tu, anche lei è giunta all'editoria con l'autopubblicazione. Avrebbe ottenuto il medesimo successo e il medesimo risultato con un manoscritto? Difficile da dire con certezza, ma le possibilità sarebbero state certamente minori. Non credi?

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  4. Certamente meno (in effetti all'inizio pensavo anche alla Murgia, poi sarà stata la simpatia del suo scritto mi è passata di mente). Comunque la questione è davvero complessa e ancora troppo agli albori per capire per bene punti di forza e debolezza del self publishing. Tra l'altro il digitale cambierà la natura stessa del romanzo (un primo cambiamento riguarderà la lunghezza delle storie: più l'ebook prenderà piede più le storie diventeranno corte). Io sono del parare che se uno bravo con la penna trova qualcuno di altrettanto bravo in grado di dirgli che deve riscrivere il romanzo una seconda e una terza volta (evidenziandone le ragioni) allora vive l'autore indipendente. Se invece fa tutto da solo, compreso l'editing allora che dio ce ne scampi.

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    1. Quoto assolutamente sull'ultima parte. Ne avevo parlato in un mio articolo qualche tempo fa. La rivoluzione digitale andrà ad influenzare non solo la figura dello scrittore (o del musicista, insomma dell'emergente in generale), ma anche tutto ciò che lo riguarda, comprese quindi anche attività più pratiche quali editing, marketing e via discorrendo. Sarà interessante vedere dove le future collaborazioni tra artisti potranno arrivare.
      Quoto anche su quanto cambierà la scrittura. Il fatto che smartphone e sistemi operativi continuano il loro cammino nell'integrazione totale con la nostra vita cambierà sempre più il modo di scrivere.
      La letteratura dovrà diventare più veloce, cosi come più veloce è la nostra vita.

      E si, ho comprato un ereader della sony qualche mese fa, e da allora ho iniziato a leggere molto di più, a spendere di meno per i libri, a bestemmiare di meno per i libri brutti (che mi costano meno, quindi bestemmio meno) che mi capitano e soprattutto, non ho più letto un libro cartaceo ^__^
      E si, l'accoppiata kobo-mondadori farà in modo che la gente si avvicini più facilmente a questa tecnologia e a preoccuparsi meno dell'odore della carta XD

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    2. @Bloggo: ed è per questo che io cerco sempre di distinguere autopubblicazione (mi pubblico e basta) da autoproduzione (cerco un editor, un grafico, pianifico la promozione),... ;-)
      @Rumigal: anche io ho un Sony e mi trovo alla grande ^^ Io per ora leggo ancora cartaceo per quanto riguarda i grandi autori italofoni, invece con le piccole case editrici o i libri in inglese mi baso sugli ebook. Ottima accoppiata!

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  5. Davvero la lettura (almeno la mia) è soprattutto nei punti morti della giornata: sei in coda, in ufficio fai una pausa dalle pratiche amministrative, in sala d'aspetto dal medico...tutto grazie al telefono. Se poi penso che la sera arrivo a casa e apro lo stesso libro sul tablet e questo si gira le pagine da solo per arrivare al punto in cui avevo chiuso il libro sul telefono. Ogni volta rimango a bocca aperta. Detto ciò, l'immediatezza e la ricchezza di titoli (perlopiù gratuiti)(chiunque smanetti un po' saprà sicuramente come reperire biblioteche sterminate di ebook in italiano come in inglese) ne fanno una questione fuori quota (che determinerà l'accorpamento di molte catene che oggi vendono libri e solo libri di carta). Il profumo della carta non potrà far nulla...

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    1. La questione dello smanettamento è interessante e infatti dedicherò un post alla cosa. Il punto è: i lettori capaci sapranno reperire i testi e riconoscere quelli di qualità leggendo un paio di pagine, coloro che si affidano invece alle tendenze continueranno a seguire le pubblicità nelle librerie e a comprare i bestseller. Più un lettore dimostrerà abilità nella lettura e nella ricerca dei testi e più disporrà di frecce al suo arco: un buon incentivo per leggere più libri ed essere più consapevoli su come sono fatti quelli buoni e quelli cattivi, no?

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    2. Paradossalmente la scelta è molto più difficile oggi (per chi legge solo ebook). Una volta avevi la tua rivista, il tuo critico e il passaparola. Oggi hai quasi esclusivamente la pubblicità e il passaparola via social network (che però non è così efficace. Se faccio il mio caso difronte ad una disponibilità di circa 5000 ebook non so mai cosa scegliere (anche perchè i miei autori feticcio non vengono quasi mai comprati e di conseguenza 'craccati' in rete).

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