lunedì 3 dicembre 2012

Mauro Casiraghi, da Fazi Editore ad Amazon


Il post di oggi è dedicato a una nuova realtà. Dopo aver discusso di recente di autori passati dall'autoproduzione all'editoria tradizionale, oggi parliamo di una Penna che ha fatto il viaggio inverso e che contribuisce a rendere l'indipendenza letteraria sempre più possibile, sempre più degna di essere scelta. Stiamo parlando di Mauro Casiraghi, sceneggiatore televisivo ed esordiente per Fazi Editore con La camera viola nel 2007 e vincitore di due importanti riconoscimenti letterari l'anno successivo - il Premio Carver e il Premio Cassola.

In un'interessante intervista rilasciata a Bibliocartina, Casiraghi offre degli inediti scorci dell'editoria italiana. Innanzitutto i risultati commerciali dell'esordio con Fazi: "2000 copie cartacee ed altrettante in ebook"; un "discreto successo". L'ennesima dimostrazione che oggi, anche riuscendo a pubblicare con una casa editrice importante, non è evidente vendere ingenti quantità di libri.

Una seconda sorpresa deriva dal racconto di Casiraghi circa la caccia a un editore per la sua seconda opera, Un chilo di cenere. Una ricerca infruttuosa durata oltre un anno, e questo nonostante i contatti accumulati grazie all'esperienza con Fazi e il beneplacito di editor di punta. Tutti gli hanno confermato la validità del testo, nessuno sapeva come si sarebbe potuto promuovere un libro del genere sul mercato editoriale odierno.

Da qui la decisione di autoprodursi e affidarsi all'agenzia letteraria AC² Literary Agency, fondata dall'ex traduttrice Anna Mioni (qui un'intervista sulla sua carriera). L'esperienza di questa Penne indipendente può quindi essere istruttiva anche a livello di modus operandi, dato che le sue dichiarazioni comprendono dettagli sulla commissione destinata all'agenzia. "Pubblicando con Amazon ottengo in ricavato il 70% del prezzo di copertina, mentre il 30% rimanente lo trattiene Amazon. L’agenzia letteraria riceve invece il 10% del mio ricavato".

Rimpianti? Uno solo, quello di non poter produrre il romanzo in formato cartaceo. Una mancanza che potrebbe condurlo ad accettare in futuro la proposta di una casa editrice, ma tant'è: il dado è ormai tratto. La decisione di Casiraghi - sia essa motivata dall'impazienza di pubblicare o da ragioni di marketing, tutto è possibile - avvalora sempre di più l'ipotesi dell'autoproduzione in campo editoriale, a patto che sia vincolata dal lavoro di professionisti precedentemente assunti. Per concludere, rinvio a un'ulteriore analisi del caso Casiraghi da parte di Scuola Twain con approfondimento sull'attuale situazione editoriale in Italia e al lungimirante post di Antonio Tombolino, fondatore di Narcissus che spiega quali rischi e opportunità offre questo momento di crisi.

4 commenti:

  1. Guarda, io finora ho venduto più copie cartacee che e-book (come ho scritto sul mio blog) e anche se il mio è un caso piccolissimo secondo me la dice lunga sul fatto che in Italia l'e-book è ancora un oggetto che si guarda da lontano... (e sono anch'io su Amazon!)
    Poi sul fatto di affidarsi a professionisti, ovvio sono d'accordo. Sono critica sul ruolo degli agenti letterari...

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  2. L'attaccamento alla carta è molto forte e percepibile in qualunque frangia di lettori: io stesso acquisto in formato cartaceo anziché digitale se posso. Trovo comunque fondamentale che si agisca in ambedue i settori perché gli ebook hanno un margine di crescita che il mercato tradizionale non ha (basta dare un'occhiata alle ultime cifre presentate a Roma...)
    Io contatterei un'agenzia letteraria principalmente per avere una valutazione oggettiva del testo o una qualunque forma di editing. Sul loro ruolo di rappresentanti di fronte alle case editrici sono più dubbioso, anche perché non ho mai letto riscontri diretti su questa attività. Tu hai saputo di qualcuno che ha ottenuto risultati in questo modo?

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  3. Uno degli aspetti che maggiormente mi spinge ad apprezzare maggiormente internet, è la libertà che essa concede all'artista.
    Il fatto è che in realtà, come sempre più spesso si può vedere, è che anche pubblicando con una casa editrice si guadagna poco e neanche si può dire che a quel punto per lo meno si ha la strada spianata.
    Quindi, sarà che mi piace guardare il lato positivo delle cose o comunque non mi piace farmi abbattere troppo dalle cose, ma arrivati a questo punto non si potrebbe fare un discorso leggermente più critico basato su una semplice domanda, ovvero "Ma se a qualcuno piace scrivere serve davvero una casa editrice?"
    Domanda che naturalmente si può fare anche a chi suona o fa video.

    Insomma, se pubblicare con una casa editrice non ti permette di guadagnare tanto, ma vincola di parecchio l'uso creativo che puoi fare del tuo stesso libro, a questo punto non sarebbe meglio bypassare direttamente tale realtà e iniziare un percorso nuovo, trovare magari sistemi nuovi per scrivere e perché no, persino guadagnare?

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    1. Ciao Rumigal,
      guarda, è un tema che presenta così tante variabili che è difficile individuare un'unica soluzione. Non tutte le case editrici impongono dei limiti alla creatività dell'autore (nel mio caso con Booksalad, per esempio, ho potuto scegliere io la copertina, il titolo...) e non tutti sono pronti per l'autoproduzione.
      Dicono che in futuro le case editrici si trasformeranno in agenzie che offriranno servizi specializzati agli autori: lo credo anch'io. Quindi in futuro ci sarà chi prediligerà l'indipendenza e chi invece continuerà a mandare i manoscritti perché non è in grado o non vuole occuparsi al 100% della propria opera. Oppure lo scrittore potrà scegliere in base al testo che ha in mano, di volta in volta.
      Oltre al guadagno monetario, infine, nell'attuale momento del mercato italofono considererei anche le maggiori possibilità a livello di immagine che l'editoria tradizionale ti concede - partecipazione ai concorsi, menzioni sulla stampa specializzata...

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